I protagonisti della storia

  • Famiglia naturale: mamma Sara, 48 anni, 5 figli
  • Ragazzo in affido: Gordan, 10 anni
  • Famiglia affidataria: Paolo e Micaela
  • Le reti: la famiglia allargata, la scuola, l’oratorio, l’assistente sociale

Paolo e Micaela, sposi senza figli desiderosi di mettersi a disposizione, scelgono la strada dell’affido perché permette loro di sperimentarsi come genitori nell’ottica della temporaneità. Io, consulente per l’affido familiare, li conosco quando si stanno preparando ad accogliere Gordan, 10 anni, dopo un breve percorso di formazione e idoneità per genitori affidatari, e li accompagnerò per tutta la storia di affido.
Tra i tre è amore a prima vista, soprattutto tra Paolo e Gordan, e tutto va a gonfie vele: Gordan fa il bravo bambino, obbediente, “coccoloso” ed educato. Paolo e Micaela fanno i bravi genitori: si mostrano felici della sua presenza, disponibili ad ascoltarlo, pazienti negli insegnamenti. In consulenza li invito a considerare questo primo periodo come una sorta di “luna di miele”, ma sono restii a fare proprie tali indicazioni, sono troppo felici per pensare alle possibili fatiche.

Le prime difficoltà cominciano dopo un paio di mesi circa, in occasione degli incontri con la mamma: Gordan non ci vuole andare, dopo gli incontri non parla per ore, non racconta ciò che ha fatto e come si sente, sembra “catatonico”, a volte fa pipì a letto e si graffia. Gordan comincia a comportarsi male a scuola, a rispondere male a casa. In Paolo e Micaela il dispiacere per Gordan si unisce al timore di non saper fare i genitori e di venir valutati negativamente dal servizio sociale, ambivalenti tra il bisogno di essere disponibili per lui e arrabbiati per ciò che i contatti con la mamma gli provocano, fanno pressioni su Gordan perché dica loro cosa prova, cosa vive, cosa gli dice la mamma.
Tutto questo viene elaborato in consulenza. Portano il senso di inadeguatezza e impotenza, e le fantasie che Gordan non veda più la mamma o al contrario che torni in comunità in modo che possa poi trovare genitori più capaci di loro. Si ragiona insieme sull’importanza che Gordan veda la mamma e che non gli vengano fatte pressioni; ma anche sul loro bisogno di tenere le cose sotto controllo, che li spinge a chiedere a Gordan di parlare, di raccontare, e di come questa sia una richiesta eccessiva per lui…In consulenza ci si scontra anche un po’. Poi, una sera, Gordan vomita la cena, e chiama Micaela solo per avere uno straccio per pulire. “Forse era solo un virus” dice poi Paolo in consulenza “ma mi sono venute in mente le tue parole, quando ci dicevi che era nostro, il bisogno che buttasse fuori tutto, non suo. Non si è nemmeno fatto aiutare… forse non ci stiamo ponendo nel modo giusto”.

Da qui le cose cominciano lentamente a cambiare. Paolo e Micaela si affidano di più al servizio, vivendolo più come sostegno e meno come giudizio, e a casa provano a rispettare i tempi di Gordan. Tra alti e bassi, imparano ad accogliere i propri vissuti, oltre a quelli del bambino, e li condividono con lui, come il loro dispiacere nel vederlo soffrire, la preoccupazione, il senso di impotenza per doverlo accompagnare agli incontri, ma anche la fiducia nelle scelte del servizio sociale che si occupa di loro e che a volte prende decisioni che loro non comprendono o non condividono immediatamente.

Ad oggi, al secondo rinnovo dell’affido, Gordan non sente più di tradire gli affidatari o la mamma, va volentieri agli incontri che ora sono liberi e piacevoli.
Ad oggi, al secondo rinnovo, Paolo e Micaela non cercano di fare i genitori perfetti, ma sentono di essere bravi genitori, che non cercano il bambino perfetto ma che fanno sentire desiderato Gordan per ciò che è: perfetto per loro!

Le persone perfette non combattono, non mentono, non commettono errori e non esistono.
(Aristotele)

 

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